Studio Legale Avvocato Valentina Maria Siclari

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TAR CALABRIA CATANZARO – SEZIONE SECONDA - SENTENZA N. 01250/2020 CORSI DI FORMAZIONE SPECIFICA MMG – AM

2021-03-03 17:13

Valentina Maria Siclari

Legislazione Sanitaria,

TAR CALABRIA CATANZARO – SEZIONE SECONDA - SENTENZA N. 01250/2020 CORSI DI FORMAZIONE SPECIFICA MMG – AMMISSIONE IN SOVRANNUMERO

Il Tar Calabria Catanzaro su ricorso patrocinato dall’Avv.


Valentina Maria Siclari ha stabilito che l’ammissione in sovrannumero ai corsi


di formazione specifica in medicina generale, per i medici in possesso degli


specifici requisiti della norma, non è subordinata al rispetto di alcun


quoziente numerico né può essere soggetta ad una procedura selettiva:


l’ammissione de qua discende, una volta verificata la sussistenza dei requisiti


prescritti, sic et simpliciter dalla domanda di


partecipazione in soprannumero. Tale conclusione è conforme alla ratio della


previsione di cui all’art. 3 l. 401/2001, che è ispirata a introdurre una


condizione di favore per i medici iscritti al corso di laurea prima del


31.12.1991 e laureati ed abilitati dopo il 31.12.1994, allorché non esisteva


l’obbligo di attestato di formazione necessario per l’esercizio della medicina


generale.


L’art. 3 l. 401/2000 stabilisce che “i laureati in medicina e


chirurgia iscritti al corso universitario di laurea prima del 31 dicembre 1991


ed abilitati all’esercizio professionale sono ammessi a domanda in soprannumero


ai corsi di formazione specifica in medicina generale di cui al decreto


legislativo 8 agosto 1991, n. 256. I medici ammessi in soprannumero non hanno


diritto alla borsa di studio e possono svolgere attività libero-professionale


compatibile con gli obblighi formativi”.


Tale norma, come noto, è stata introdotta dal Legislatore per non


creare una diseguaglianza ed una discriminazione per l’esercizio della


professione della Medicina Generale tra che si è iscritto alla facoltà di


medicina prima del 31 dicembre 1991 e chi si è iscritto dopo tale data.


Infatti, prima di tale data, la medicina generale era liberamente esercitabile


da tutti coloro che fossero semplicemente in possesso dell’abilitazione professionale


ed il possesso dell’attestato di partecipazione al corso di Formazione post


laurea, non era un requisito per l’esercizio della Medicina Generale. La


frequentazione del corso, al quale ambisce partecipare l’odierno ricorrente,


divenne un requisito per l’esercizio della medicina Generale solo a partire


dall’entrata in vigore del D.lgs. n. 256/1991 (in attuazione della direttiva


86/457/CEE). La condivisibile ratio della norma era ed è, dunque, quella


di tutelare il legittimo affidamento e di concedere le medesime possibilità,


senza discriminazione alcuna, a coloro che si erano iscritti ad una facoltà


che, improvvisamente, non era più abilitante per la Medicina Generale.


Sulla questione, la giurisprudenza è costante; l’orientamento


formatosi in materia in seno al TAR Lombardia , afferma chiaramente che “


l'art. 3 L. 401/2001, il quale dispone un regime di favore per i medici


iscritti al corso di laurea in medicina e chirurgia, laureati e abilitati


quando non esisteva un obbligo formativo specifico per l'esercizio della


medicina generale, non subordina ad alcun quoziente numerico l'ammissione a


detti corsi di formazione in soprannumero (cfr. Cons. di Stato sez. V, n. 6513


dell'8.9.2010; Cons. di Stato sez. V, n. 3114 del 23.6.2008; TAR


Campania-Napoli n. 3003 del 28.5.2009; TAR Toscana n. 6472 del 20.10.2010),


cosicché la Regione intimata ha illegittimamente limitato l'ammissione al corso


in parola a n. 10 medici soltanto, anziché consentirla a tutti coloro che


avevano presentato domanda in proposito (T.A.R. Napoli, (Campania), sez. VIII,


01/09/2015, n. 4277).” TAR Lombardia, sez. Terza – sentenza n. 2375/2017.


Ed infatti, neppure è invocabile, con riguardo a tali medici, una


necessità organizzativa della Regione così forte da imporre necessariamente la


concorsualizzazione dell’accesso, tenuto conto del numero necessariamente


limitato e decrescente degli aspiranti derivante dalle stringenti e


storicizzate coordinate temporali dettate dal Legislatore.


 


Dal tenore letterale della disposizione è manifesto che l’ammissione


in sovrannumero ai corsi di formazione specifica in medicina generale, per i


medici in possesso degli specifici requisiti della norma, non è subordinata al


rispetto di alcun quoziente numerico né può essere soggetta ad una procedura


selettiva: l’ammissione de qua discende, una volta verificata la sussistenza


dei requisiti prescritti, sic et simpliciter dalla domanda di partecipazione in


soprannumero (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 8.9.2010, n. 6513; Cons. Stato,


Sez. V, 23.6.2008, n. 3114).


Tale conclusione è conforme alla ratio della previsione di cui


all’art. 3 l. 401/2001, che è ispirata a introdurre una condizione di favore


per i medici iscritti al corso di laurea prima del 31.12.1991 e laureati ed


abilitati dopo il 31.12.1994, allorché non esisteva l’obbligo di attestato di


formazione necessario per l’esercizio della medicina generale. Va ricordato


infatti che solo con il d.lgs. 256/1991, attuativo della Direttiva 86/457/CEE,


il legislatore italiano ha introdotto, a far tempo dal 1.1.1995, l’obbligo di


formazione specifica in medicina generale al fine di esercitare la professione


medica nell’ambito del S.S.N.


Il d.lgs. 256/1991 ha inoltre dato indicazioni sulle modalità di


organizzazione dei corsi di formazione, stabilendo che agli stessi gli interessati


avrebbero potuto essere ammessi, previa pubblicazione annuale di apposito bando


da parte delle Regioni e delle Province autonome ed approvazione di una


graduatoria stilata sulla base dei risultati di una prova scritta, del voto di


laurea e del voto conseguito all’esame di abilitazione, nel solo numero


contingentato stabilito annualmente dal Ministero della Sanità sulla base delle


indicazioni provenienti dalle unità sanitarie locali. È perciò emersa una


disparità di trattamento tra i medici che avevano cominciato a frequentare la


facoltà di medicina prima della entrata in vigore del d.lgs. 256/1991, quando


avevano l’aspettativa di convenzionarsi con il S.S.N. senza dover conseguire


alcuna specializzazione venendo poi a trovarsi nell’obbligo di munirsi del


diploma specialistico in medicina generale, e coloro che invece si sono


iscritti alla facoltà dopo il 31.12.1991, già vigente il nuovo regime: i primi


hanno scelto un percorso formativo le cui difficoltà non conoscevano


compiutamente al momento della scelta, mentre i secondi hanno scelto di


iscriversi alla facoltà di medicina e chirurgia pur sapendo che il


convenzionamento con il S.S.N. non sarebbe stato scontato, accettando così


tutti i rischi insiti in tale scelta formativa. Proprio per non mortificare il


legittimo affidamento dei primi, il legislatore – con l’art. 3 l. 401/2000 – ha


previsto la possibilità, per coloro che avevano iniziato il percorso di studi


prima del 31.12.1991, di poter partecipare ai corsi di formazione per il


conseguimento del diploma specialistico senza rispettare i limiti del


contingentamento numerico, poiché l’ammissione non è collegata al fabbisogno


del S.S.N., e senza prove selettive.


È pur vero che – come osservato nella fattispecie dalla Regione –


l’assenza del contingente numerico può causare scompensi all’organizzazione


dell’attività formativa e alla tenuta dei bilanci regionali. Tali problematiche


sono state prese in considerazione nel documento della Commissione Salute del


22.3.2007, condiviso dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome


del 29.3.2007, il quale – proprio per rispondere alle istanze di organizzazione


e di contenimento di spesa – ha predisposto uno schema di avviso pubblico per


l’ammissione in soprannumero con indicazione di un contingente numerico del 10%


dei posti messi a concorso per il corso di formazione di medicina generale.


Tuttavia, la scelta operata dalla Commissione Salute e dalla Conferenza


interregionale, sebbene ispirata a considerazioni ragionevoli, è priva di


supporto normativo (Cons. Stato, Sez. V. 23.6.2008, n. 3114, richiamato anche


da T.A.R. Campobasso, Sez. I, 10.2.2017, n. 48). Infatti, le amministrazioni


non possono, “a mezzo di norme regionali, intese o altri atti altrimenti


denominati, porre dei limiti ad attività che il legislatore statale ha


chiaramente inteso non fosse soggetta a limite alcuno” (T.A.R. Torino, Sez. II,


30.1.2015, n. 192).



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